oggi ho inviato a tutti l'ultima parte della mia "chiacchierata" con voi. Non so chi l'avrà letta, l'intenzione è offrire una lettura spirituale. Presi dalle "cose" della vita, talvolta ci dimentichiamo di noi stessi e del nostro rapporto con Dio. Buona Lettura
tuo don Marco
Amico Carissimo,
è l’ultima puntata della mia lettera iniziata a Settembre quando sono arrivato, non so se qualcuno l’avrà letta, ma l’intento era offrirvi, qualche cosa di spirituale da leggere.
Ora, stiamo per iniziare ormai al mese di Dicembre, e oggi abbiamo iniziato l’AVVENTO, tutto ci sta portando verso il mistero dell’Incarnazione, al Natale.
Per noi che siamo qui in “teatro” saranno giorni particolari, prepariamoci bene a vivere questo Natale. Abbiamo la fortuna di avere meno distrazioni, meno preoccupazioni di fare regali ecc.. viviamolo intensamente con autenticità.
Ora, riprendendo il discorso interrotto il mese scorso, continuo dicendo che personalmente ho molta facilità a pensare a Dio come Padre, perché ho avuto un grande maestro in questo: mio padre.
E’ un’ uomo semplice, dignitoso, riservato, consapevole della sua responsabilità, affettuoso ma …. Come un padre. Anche se ormai da molti anni sono lontano dalla casa Paterna, godo della sua presenza quelle volte che ritorno in famiglia. A lui debbo tutto: la mia vita, la fede, l’amore per Cristo, la fiducia incondizionata nella preghiera. I miei nipoti potrebbero descriverlo ancora meglio di me, perché come nonno è meglio ancora, davvero padre due volte. Un uomo dedito al suo lavoro e alla sua famiglia, e ad aiutare gli altri. Mi rivedo bambino accanto a lui a giocare…
Che volto ha Dio,m credo che abbia il volto dei nostri padri, delle nostre famiglie … penso che Dio sia come mio padre. Ha un progetto, un piano, un lavoro che manda avanti con infinita sapienza e pazienza; noi siamo i collaboratori di cui si serve per realizzare il suo piano. Solo l’uomo con la sua volontà può negarsi al piano di Dio, ma il disegno si compirà lo stesso perché “Dio sa scrivere diritto anche sulle righe storte”.
La vita ci insegna che Dio non ci rivela il suo piano, il modo con cui realizza la salvezza. Chi non crede parla di “destino”, di “Caso”, di “corso delle cose”. Gesù ci ha detto che è il Padre che sa tutto e che tutto governa con sapienza, bontà e giustizia infinita.
Dio non è un Padre lontano, impegnato in tante cose da non poter seguire personalmente i suoi figli. No. Dio è un Padre vicino, con cui possiamo parlare quando vogliamo, chiedere ciò che ci serve, vivere sempre in casa con Lui, essere ammessi alla sua intimità.
Gesù ce lo ha insegnato e mette sulle nostre labbra, recitandola insieme, la preghiera più semplice e più bella:
Padre nostro,
che sei nei cieli …
Ma forse è una preghiera troppo lunga. Basta ripetere la parola Abba, babbo, per avere la certezza di essere ascoltati e sentirsi sostenuti.
Si legge nei fioretti di San Francesco di Assisi, che una sera un frate si rivolse a S. Francesco per fare una gara: a chi avesse pregato di più. S. Francesco accettò la sfida e si misero d’accordo di pregare con il “Padre nostro”, quindi si ritirarono nelle proprie celle. Alle prime luci dell’alba, il giovane fraticello corse alla cella di San Francesco, felice e quasi certo della vittoria perché era stato sveglio tutta la notte ed era riuscito a recitare non so quante migliaia di Pater noster. “Beato te, fratello – gli rispose dolcemente S. Francesco - . Anch’io sono stato sveglio tutta la notte per pregare, ma non sono riuscito a terminate neppure un Padre nostro. Mi sono fermato infatti alla parola “Padre”!”.
Ripetere sempre “Padre, papà, babbo”, pensando a Dio è sicuramente la preghiera più semplice e più bella. E’ uno di quei monosillabi che arrivano diretti al cuore di Dio, che gode nel sentirsi chiamare “papà” dai propri figli.
Ricordo di aver chiesto, una volta, in un’incontro con un Muftì: come un mussulmano vive la sua intimità con Dio. Lui, scandalizzato, mi disse che stavo bestemmiando: “Dio non ammette nessuno alla sua intimità, a Lui si deve solo l’adorazione; noi siamo niente d’innanzi a Lui”. Fui molto stupito della sua fede, vera, sincera, ma non completa. Un giorno forse anche loro riusciranno a comprendere quanto Dio sia vicino ai suoi figli da poterlo chiamare Padre.
Così cari Amici, concludo e per Natale, vi farò arrivare una breve lettera di auguri. Pensare a un Dio, che si fa bambino, che ci offre la semplicità e la povertà di una culla ma non la miseria della mancanza di una famiglia, come bene primario di ogni persona. Ripensiamo alle nostre famiglie ai nostri genitori che ci hanno dato la vita ed educato alla fede e sarà per tutti un vero Natale.
Pristina, 30 Novembre 2009
Vostro don Marco
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